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Vi proponiamo l'abstract fornito dall'editore:
"Nella nostra società
l’oblio tende sempre più a divenire una pratica strutturale che convive
con le forme spettacolarizzate della commemorazione e del centenario o
con la creazione di data base esterni informatizzati. Presi come siamo
da questo paradosso, tendiamo a dimenticare un dato che invece era
scontato per gli autori antichi, ovvero che la memoria è una componente
essenziale della gratitudine, che permette non soltanto la relazione con
il proprio passato e la propria identità, ma anche il legame affettivo
con l’altro da sé. È per questo che Seneca fa del buon uso della memoria
(e dell’oblio) una componente importante del suo programma di
ristrutturazione delle pratiche della beneficentia. Donare in maniera
funzionale è per Seneca uno dei modi per sanare la società, liberandola
dalle perversioni e dalle convenzioni devianti che disgregano i rapporti
umani. Ed è proprio nella memoria interiorizzata che Seneca vede il
germe che genera il travaglio della riconoscenza e che partorisce
relazioni virtuose, liberando l’umanità da tutte quelle forme di dono
che creano legami di potere e da tutte quelle pratiche di elargizione in
cui i donatori, nel momento stesso in cui mirano ad acquisire il
capitale simbolico della fama e del consenso, danneggiano ed umiliano i
propri beneficati privandoli della loro autonomia. Al di là dei precetti
individuali, Seneca tuttavia aggancia la propria argomentazione e la
propria opera di diffusione dei principi dello stoicismo ad una fitta
rete ‘monumentale’ di aneddoti e di esempi tratti dalla storia e dalle
vite dei filosofi del passato: è un modo, questo, di costruire,
sottotraccia, una memoria alternativa a quella ufficiale del principato,
che – pur se su un piano meramente etico e non politico – viene visto
come fonte primaria dell’inquinamento relazionale della società".
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