lunedì 18 maggio 2015

Homo donans. Per un'economia del materno



Argomento di questo libro – all’intersezione tra femminismo e linguistica, economia, semiotica e sociologia – è un aspetto fondamentale del nostro essere umani a cui finora abbiamo prestato poca attenzione, o che non abbiamo mai chiamato col suo vero nome. Non che ciò che va sotto il nome di «scambio di doni» non sia mai stato studiato, ma non gli è mai stata attribuita la sua fondamentale collocazione interdisciplinare. In molti hanno altresì postulato che l’atto unilaterale del donare non esista. Io invece lo considero allo stesso tempo fondamentale e ordinario.


Il dono è stato invalidato per una serie di ragioni, che prenderemo in esame. È strano che una realtà di tale importanza sia rimasta invisibile, ma forse ciò fornisce anche la misura di quanto il rivelarla sia di cruciale importanza, non soltanto ai fini dell’indagine accademica quanto per una questione politica. Perché siamo mossi al nuocere e all’egocentrismo, e perché la nostra capacità di compassione si assottiglia sempre più? La risposta la si può forse trovare nell’eterno conflitto tra il parassita e l’ospite, tra il paradigma dello scambio e quello del dono.
Un altro modo di formulare la medesima ipotesi è che l’atto del donare sia stato privato del suo «metalivello». Che sarebbe poi il motivo per cui non attribuiamo un nome specifico a questo fondamentale aspetto dell’esistenza. Il dono unilaterale non è equivalente all’amore o al donare incondizionato. Le condizioni ci sono: per esempio l’individuazione di un bisogno. L’altra persona, inoltre, non dovrebbe essere ostile; l’ostilità in effetti potrebbe stare a indicare che si è in presenza di un bisogno più grande (di indipendenza, forse?) di cui il donatore potenziale non si rende conto.

L’individuazione di bisogni e di iniziativa finalizzata al loro soddisfacimento crea significato, sia nel linguaggio che nella vita. Ho incominciato a occuparmi dell’idea della comunicazione come dono negli anni Settanta, senza aver letto nessuno degli autori della MAUSS Revue fino alla fine degli anni Novanta. Credo di aver letto per la prima volta il testo di Lewis Hyde, Il dono. Immaginazione e vita erotica della proprietà, nel 1981. Dico tutto ciò per sottolineare il fatto che le mie idee al riguardo si sono formate indipendentemente e da presupposti per lo più al di fuori dagli ambiti accademici, e ho anche tentato di metterle in pratica in una fondazione femminista per più di vent’anni.

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